Insurtech: perché l’Italia non ha più tempo da perdere
L’Italia deve raggiungere 1 miliardo di investimenti in Insurtech entro il 2023. Non per colmare l’enorme gap rispetto all’Europa, ma per provare a restare in corsa. È l’appello di Italian Insurtech Association.

Il ritardo nazionale sull’Insurtech è noto e richiede una strategia per la crescita delle competenze digitali nella filiera, più sperimentazioni e la creazione di poli Insurtech sul territorio.
In Italia gli investimenti InsurTech ammontano a 60 milioni di euro nel primo semestre 2021, in crescita rispetto ai 50 milioni totali per l’interno 2020. Quota 100-120 è raggiungibile per la fine del 2021, ma sarebbe comunque un risultato microscopico rispetto ai 2,8 miliardi di investimenti previsti in UK, ai 2,5 miliardi della Germania o ai 2,2 della Francia.
Sempre l’Insurtech Investment Index Report ci dice che il rapporto tra compagnie assicurative e start up sia, in Italia, allo stato embrionale. Le compagnie hanno investito in start up 60 milioni di euro nel primo semestre 2021, contro i 900 milioni della Germania, i 400 di UK e i 300 milioni della Francia.
In Italia, le compagnie preferiscono lo sviluppo interno delle soluzioni, con un investimento marginale in start up Insurtech. Nel primo semestre 2021, solo il 22% delle compagnie ha effettuato almeno un investimento, mentre il 66% ha avviato almeno un progetto interno. L’80% ha preferito una partnership con una start up o un altro player innovativo. Più della metà, il 58%, non investe in start up e non pensa di farlo nel 2021.
D’altronde, le compagnie italiane non brillano sul fronte digital. A malapena il 34% ritiene di avere gli asset tecnologici interni necessari a rispondere alle sfide del mercato, e la stessa percentuale ha una struttura interna dedicata all’innovazione. La media europea è rispettivamente del 66% e del 77%. Il 71% ritiene che ci sia un gap tecnico e digitale di competenze che limita lo sviluppo di prodotti e servizi adatti a un consumatore digitale.
Oggi il 32% dei clienti assicurativi è classificabile come “digitale”: con il normale ricambio demografico e con la crescita delle competenze tecnologiche, la percentuale salirà all’82% entro 10 anni. Prodotti e servizi assicurativi diventeranno sempre più “hi-tech”, sulla scia di auto e case connesse e internet delle cose. La fetta di prodotti digitali potrebbe crescere al 2030 al 43% del Travel, al 36% della Mobilità, al 28% per il Casa e al 24% per le polizze animali (dati indagine EFMa – IIA). Espandendosi in modo decisivo anche nel Vita.
L’inerzia delle compagnie assicurative nazionali potrebbe lasciare il crescente mercato assicurativo “digitale” italiano aperto alle scorribande sia delle compagnie straniere (che, come visto, in InsurTech ci stanno investendo ben altre cifre) sia di nuovi player, e in quest’ultima categoria i competitor insidiosi sono più gli OTT che le startup.
Quattro compagnie (Allianz, AXA, Aviva, Zurich) da sole rappresentano il 77% degli investimenti Insurtech dei player assicurativi tradizionali. Il rischio di una forte concentrazione dell’innovazione c’è.
E poi ci sono gli OTT, protagonisti dei nascenti ecosistemi costruiti intorno alla casa connessa (Alexa, “Hey Google”, “Siri” vi dicono qualcosa?) e alle automobili di nuova generazione. Se gli OTT presidiano l’ultimo miglio verso il cliente finale, lo faranno per tutto ciò che riguarda gli ecosistemi, coperture assicurative comprese.