FinTech, il Governo abilita l’emissione e la circolazione in digitale di azioni e obbligazioni
Approvato e reso effettivo in tempi record il decreto legge che definisce un regolamento per l’emissione e la circolazione tramite blockchain di strumenti finanziari. Modificato e reso più semplice l’impiego del regulatory sandbox.

Il decreto vuole in pratica fornire una chiara e puntuale regolamentazione per consentire l’attuazione del Regolamento (UE) 2022/858, relativo “a un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito (o DLT pilot regime), cioè su un archivio di informazioni in cui sono registrate le operazioni relative a strumenti finanziari e digitali e che è condiviso da dispositivi o applicazioni informatiche in rete e sincronizzato tra di essi”.
In altri termini, il nuovo decreto stabilisce una disciplina comune per permettere l’emissione di azioni, obbligazioni, titoli di debito o quote di organismi di investimento collettivo del risparmio attraverso strumenti digitali come la blockchain.
All’interno del decreto è riportato che la Banca d’Italia e il Ministero dell’economia e delle finanze saranno le strutture preposte a tenere il registro per la circolazione digitale su cui saranno effettuate le scritturazioni volte a permettere l’emissione e il trasferimento degli strumenti finanziari. Non saranno però le uniche strutture a essere responsabili del registro, se ne potranno infatti far carico anche i gestori di un SS DLT o TSS DLT oppure ulteriori soggetti eventualmente individuati secondo il nuovo regolamento che introduce il decreto legge stesso.
Il Governo intende anche avviare misure di semplificazione della sperimentazione relativa alle attività di FinTech, come riportato nel decreto legge del 30 aprile 2019, con cui “è stato introdotto nell’ordinamento un regime semplificato e transitorio (il regulatory sandbox) per la sperimentazione delle attività di innovazione tecnologica digitale nei settori bancario, finanziario e assicurativo, al fine di consentire agli operatori FinTech di testare soluzioni innovative dal punto di vista digitale, con un costante dialogo con le autorità di vigilanza”.
In particolare, vengono introdotte alcune puntualizzazioni. Una di queste precisa che “lo svolgimento, nell’ambito della sperimentazione e nel rispetto dei limiti stabiliti dai provvedimenti di ammissione, di attività che rientrano nella nozione di servizi e attività di investimento non implica l’esercizio a titolo abituale di attività riservate e, pertanto, non necessita del rilascio di autorizzazioni ove sia prevista una durata massima di sei mesi, salvo il maggior termine della sperimentazione, che non può superare complessivamente il limite massimo di diciotto mesi, nei casi in cui sia concessa una proroga funzionale all’ottenimento dell’autorizzazione o dell’iscrizione prevista dalla legge per lo svolgimento abituale e a titolo professionale dell’attività medesima”.
Viene inoltre aggiunto che i provvedimenti per l’ammissione alla sperimentazione stabiliscono i limiti della stessa attività di partecipazione alla sperimentazione riguardo alla tipologia e alle modalità di prestazione del servizio di investimento, alla tipologia e al numero di utenti finali, al numero di operazioni e ai volumi complessivi dell’attività.
Il Governo è stato costretto a operare in tempi brevissimi per approvare e far entrare in vigore il nuovo decreto legge. Questo a causa dell’obbligo di adottare e di pubblicare, entro il 23 marzo 2023, le disposizioni utili a conformarsi alla modifica di alcune direttive europee in tema di definizione dello strumento finanziario, includendo gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. Infatti, l’Italia era in ritardo sul recepimento del provvedimento e il non rispetto della data del 23 marzo avrebbe comportato l’apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Ue. Il Governo precisa però che, l’urgenza di introdurre la disciplina in materia di emissione e la circolazione tramite il ricorso a tecnologie a registro distribuito, ha anche l’obiettivo di evitare che gli operatori italiani si trovino in una posizione di svantaggio competitivo rispetto agli operatori negli altri Stati membri.