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Whatsapp Pay: parte dal Brasile, ma dopo una settimana si ferma tutto

Era partita dal Brasile la corsa ai pagamenti di Whatsapp. Dopo una settimana, si ferma tutto: servono chiarimenti su risk management, compliance, riservatezza dei dati e concorrenza.

luglio 2020
4 min
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La notizia aveva attirato molta attenzione. Gli utenti WA residenti in Brasile possono effettuare pagamenti digitali sulla app, inviando denaro ad altri (pagamenti P2P) o effettuando acquisti presso esercizi commerciali fisici o virtuali sempre dalla app. Al momento con le carte di credito o debito, Visa e Mastercard, di tre banche (Banco do Brasil, la neobank Nubank e il sistema di credito cooperativo Sicredi: il mix è interessante).

Dopo una settimana lo stop: vedremo in futuro se e come i dubbi sulla compliance saranno risolti. Intanto, in questo articolo vi riportiamo l'osservazione iniziale su che cosa l'annuncio di WAPay comporta per le banche e per altri player.

Perché cambierà le cose
1. Sinergie con Facebook
I pagamenti avvengono attraverso la piattaforma Facebook Pay: WA Pay in futuro potrà quindi essere usato “all’interno della famiglia di applicazioni Facebook”. Meno di un mese fa il social network ha lanciato i propri Facebook Shops ed è evidente la sinergia per creare un’esperienza di acquisto fluida all’interno del medesimo ecosistema.

2. Al merchant serve (soprattutto ora)
Il mercato c’è. In Brasile la stessa Whatsapp stima 10 milioni di micro e piccole imprese. Il Brasile sta subendo molto la pressione del Covid-19, nonostante le posizioni governative: se date una curiosata agli ultimi comunicati stampa di Sicredi (se non masticate il portoghese, c’è Google Traduttore) per trovare notizie sul boom del digitale, simili alle “nostre” di marzo. La digitalizzazione forzata del Coronavirus sta portando piccoli e medi esercenti a cercare soluzioni rapide ed economiche per presentare i propri prodotti ai clienti, da remoto, e accettare pagamenti digitali. WA Pay lo fa.

3. Il modello super-app è valido
Milioni di persone usano già Whatsapp. Il modello delle super-app “à la chinoise”, che integrano la messaggistica con molte altre funzionalità, può essere percorso mediante collaborazioni con player (le banche e i circuiti, in questo caso) che si fanno carico della compliance. Il cliente conosce già Whatsapp e, in qualche misura, si fida del servizio: per la sicurezza gli verrà richiesto di impostare un PIN, addirittura di sei cifre, ma potrà anche usare l’impronta digitale. E la userà, per comodità. Non solo: l'utente troverà anche molto comodo potere pagare con una app che ha già installato (lo spazio a disposizione sugli smartphone è limitato) e questo è un punto a sfavore delle app specializzate in pagamenti.

Perché non cambia così tanto le cose
1. Conviene rispetto al modello POS, ma non può sostituirlo subito
Un mio primo dubbio riguarda, ovviamente, i costi. I soldi sono sempre il punto da cui partire per capire se una cosa funziona. I trasferimenti di denaro tra persone saranno gratuiti per gli utenti. Le aziende pagheranno invece una commissione per l’elaborazione dei pagamenti ricevuti dai propri clienti. Whatsapp aggiunge, a proposito, “in linea con quanto accade per le transazioni con carte di credito”. Le transazioni gratis non esistono: qualcuno dovrà sostenere i costi. Coprendoli, magari, con le commissioni applicate all’esercente: le fees al merchant non piacciono mai, ma una soluzione software ha il vantaggio di non presentare i costi fissi legati al POS. Il merchant accetterà di pagare per un altro servizio? In tempo di Coronavirus, sicuramente sì. Dopo? Dipende da quanto il servizio prenderà realmente piede.

2. Non attacca le banche, attacca Amazon e simili
Secondo aspetto: la BigTech è arrivata sul mercato dei pagamenti a braccetto con operatori tradizionali. Whatsapp Pay mi sembra più un attacco ad Amazon, grazie alla sinergia con Facebook Shops, che alle banche. Il pagamento si appoggia alle infrastrutture esistenti: i circuiti incassano commissioni, le banche emettono carte ai loro clienti, di cui detengono il denaro. Il cliente che viene “conquistato” da WA Pay è il merchant, che non era ancora parte di un ecosistema digitale: ma il denaro incassato andrà comunque a finire su un conto bancario tradizionale.

3. Usa valute flat
Terzo aspetto: si continua a usare valuta flat. OK, era ovvio fosse così visto il putiferio scatenato da Libra, un bel sasso buttato nello stagno per vedere l’effetto che fa e poi aggiustare il tiro. E Facebook ha più volte ribadito che il progetto Libra, ammesso che prenda mai il via, sarà sempre distinto e indipendente dalle attività business di Facebook. Ma l’assenza un po’ delude. I due progetti di casa Facebook in ambito pagamenti prendono strade completamente separate: magari si incontreranno in futuro, magari no.

4. Richiede accordi con le banche
Questo è un limite solo in parte. Come tutti gli X Pay di BigTech e OTT, anche Whatsapp Pay funziona grazie ad accordi con circuiti e singole banche. Il modello è ormai sdoganato da Apple, Samsung e Google Pay: ma l'esperienza insegna che non tutte le banche aderiscono in tempi rapidi.